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lunedì 24 novembre 2025

Dylan Dog: il quadro della situazione

E di Dylan Dog non parlate più? E' questa la domanda che ci arriva da diversi utenti che seguono i nostri articoli e ai quali si può rispondere così: vale la pena parlarne quando la casa editrice, dopo avere chiuso nel peggiore dei modi possibili la gestione Recchioni, ha scelto di calare il sipario su ogni rilevanza di ciò che resta dell'universo dylaniato? Il panorama è quanto mai desolante sotto ogni aspetto.

Iniziamo proprio dalle vendite che stando a dati ufficiosi, girano su una media di 38.000 copie (e qui trovate tutto il resoconto completo delle vendite delle serie Bonelli). Per chi ritiene che sia poco, si può rispondere che dopo dieci anni di costanti fallimenti, polemiche e litigi in rete con i fan da parte della curatela, è già tanto che Dylan Dog esca ancora. I guai però non sono iniziati certi con Recchioni. 

La crisi di Dylan Dog risale al 1993 quando Sclavi lasciò la cura editoriale a Marcheselli. Allora la serie vendeva sulle 530.000 copie. Con Marcheselli vi fu il crollo e nel 2009 si arrivò a 190.000 copie. Poi arrivò Gualdoni e in un anno e mezzo si scese fino a 140.000 copie. Nelle velate stanze bonelliane scoppiò il terrore: che sta succedendo? Sclavi iniziò ad arrabbiarsi poiché con vendite crollate anche le sue entrate avevano subito la stessa sfortunata sorte. 

Eppure Gualdoni aveva iniziato a sistemare molto bene le cose, allontanando alcuni autori, tra cui la Paola Barbato e Recchioni, che i fan contestavano ma non c'era più tempo. Profittando del fatto che la dirigenza voleva fare rilevanti cambiamenti, si dice che la Barbato e Recchioni andarono a casa di Sclavi per lamentarsi di essere stati esclusi dal curatore. Sclavi pare abbia chiamato M. Marcheselli.

Allora era il direttore editoriale e ne nacque una riunione riservata alla quale il curatore Gualdoni non fu invitato. Lì venne deciso il suo destino, ovvero rimosso dall'incarico in quanto gli si intestò il crollo di vendite, di cui lo stesso Marcheselli era il principale responsabile avendo avuto la gestione della collana fino a due anni prima. 

Curo io o lo curi tu? Barbato e Recchioni che fino a quel momento non andavano proprio d'accordo, si allearono e alla fine toccò al fumettista romano "prendere" il potere dylaniato. In rete scoppiò il finimondo poiché non lo si riteneva idoneo per la scarsa esperienza e per le plateali polemiche a cui aveva abituato il pubblico con il suo blog e c'è da dire che quasi subito fu evidente l'errore.

Le vendite, già in forte calo, continuarono a scendere e le polemiche alimentate sui social non miglioravano le cose. La Bonelli poteva sistemare cambiando subito curatore, magari puntando su Tito Faraci, però era troppo difficile liberarsi del fumettista romano né in Bonelli volevano in qualche modo sfigurare poiché quella rimozione avrebbe avuto il sapore dell'ammissione di una sconfitta colossale. 

Si è così arrivati al 2023 con vendite intorno alle 44.000 copie per sostituire Recchioni con la Baraldi. Il momento era propizio. Di Dylan Dog non parlava ormai più nessuno e così la notizia passò quasi inosservata. Oggi come vanno le cose? Le vendite hanno continuato a calare e siamo su 38.000 di media, continueranno a scendere perché ormai le storie non fanno più notizia, in rete non se ne parla, non scoppia nemmeno più una polemica. Silenzio assoluto. 

Che cosa servirebbe per rilanciare Dylan Dog? Una nuova impostazione che ne modifichi le sue radici in una visione dell'horror adeguata ai tempi. Per fare questo servono le persone adatte che in questo momento mancano. Cosa fa oggi la Bonelli? Spreme quelli che comprano la serie però nulla per avere nuovi lettori che sono quelli che mancano davvero. La serie non rischia di chiudere nell'immediato.

Ma è palese che la Bonelli dovrà decidere come inserire Dylan Dog nella nuova dinamica produttiva quando dovrà prendere atto che le edicole non esisteranno più, dato che è chiaro che la fortuna di questa serie risulta legata alla vendita di massa. Ora la Bonelli deve pensare a sostituire il sistema della vendita di massa con uno in cui il pubblico avrà dimensioni ridotte e da valorizzare bene.

2 commenti:

  1. Penso si possa aggiungere un elemento fondamentale e (stranamente) quasi mai preso in considerazione: il calo di di Dylan Dog inizia quando Sclavi smette di sceneggiarlo (semplicemente). D'altronde, nella stragrande maggioranza dei casi, quando muore l'autore, la serie non prosegue. Peanuts non è continuata dopo la morte di Schulz, Montalbano non ha continuato le pubblicazioni dopo la scomparsa di Camilleri, Harry Potter non è stato scritto da altri se non dalla Rowling e gli esempi potrebbero continuare a dimostrazione di quanto sia importante lo sceneggiatore e il suo stile nel successo di un prodotto. Sono comunque sostanzialmente d'accordo con quanto scrivete nel vostro articolo circa la gestione della serie.

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  2. Hai ragione, ma all'epoca (metà anni '90) la Bonelli stava facendo un mucchio di soldi con le vendite di Dylan Dog, tanto da avviare ristampe e volumi speciali a go go. Si dice pure che lo stesso Sergio Bonelli non si capacitasse del perché la gente comprasse quella roba. Era un impazzimento generale da cui la Bonelli per motivi di incassi non poteva defilarsi. Ci hanno pure provato con Dampyr sul fronte vampiresco con Boselli ma è stato un altro disastro.

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